Novità e Dossier
Le News di 51area
400.000 documenti
Webmaster il 24/10/2010, alle 12:20 (UTC)
 Altre 400.000 pagine rese pubbliche da Wikileaks, questa volta riguardanti l’Iraq, fanno apparire il famoso “leak” sull’Afghanistan, avvenuto lo scorso luglio, una specie di pettegolezzo da portineria.

Oltre 60.000 civili uccisi a sangue freddo dagli americani in Iraq, in incidenti di vario tipo, che sono stati tutti documentati in modo dettagliato, e inoltre torture di cittadini iracheni in almeno 300 casi, verificatisi ben dopo lo scandalo di Abu Grahib, delle quali sono anche parzialmente responsabili le stesse forze dell’ordine irachene.

Secondo Body Count, una organizzazione partner di Wikileaks, il numero dei civili uccisi intenzionalmente sale ad oltre 100.000, se si incrociano i dati recentemente acquisiti con quelli che già erano in loro possesso. Si aggiungono inoltre imbarazzanti conferme che gli alti gradi del Pentagono fossero al corrente di tutti questi massacri, ma non abbiano fatto nulla per fermarli.

Sia chiaro, nonostante la lista quasi interminabile di episodi orripilanti, non c’è nulla che possa sorprendere chi queste cose già le segue da vicino: “Il Nuovo Secolo Americano” documentava le uccisioni gratuite dei civili, e la connivenza degli alti comandi americani, oltre due anni fa, e non fummo certo i primi nè gli unici a farlo. La differenza sta nel fatto che ora tutto ciò compare su documenti ufficiali del Pentagono, ed è quindi impossibile negare ciò che loro stessi hanno messo nero su bianco. Ci sono inoltre nuovi video di uccisioni dal cielo, effettuate dagli americani nel classico “stile video-game”, decisamente imbarazzanti per chiunque da guardare.

Ma a cosa serve tutto ciò? A chi giovano, veramente, questi “leaks” sulle due guerre di Afghanistan e Iraq?

Posto di fronte a questa domanda da Russia Today, …

… dopo la pubblicazione dei documenti sull’Afghanistan, Julian Assange aveva risposto candidamente che “giovano prima di tutto al popolo afghano, che ha diritto di sapere quello che succede in casa propria”. In ultima analisi – questa è la filosofia di Assange – questi leaks giovano alla verità, che è come sempre “la prima vittima di tutte le guerre”.

Tutto giusto, ovviamente, tutto intoccabile e sacrosanto. Ma è anche tutto un pò troppo facile, a ben guardare. La domanda da porsi, in questo caso, è la seguente: davvero viviamo in un mondo in cui una persona “semplice e pulita” come Assange, motivata solamente da grandi princìpi umanitari, riesce a farsi consegnare e a mettere in rete materiale di questo genere, senza che nessuno glielo impedisca? Basta davvero avere il server in un paese come la Svezia, per essere securi che nessuno ti faccia chiudere il sito? Ma soprattutto, basta davvero dichiararsi incorruttibili paladini della verità, per evitare che qualcuno ti avvicini e ti faccia un “discorsetto chiaro e semplice” che in soli cinque minuti ti fa passare la voglia di pubblicare persino i numeri arretrati dell’Intrepido?

In effetti, per giudicare quanto “fastidio” abbiano dato davvero questi documenti all’amministrazione americana, basterebbe vedere come ha reagito il Pentagono a questa nuova ondata di documenti. Prima di tutto, secondo Channel 4 News, il Pentagono si è subito preoccupato di definire i documenti “genuini”. Che fretta c’era, dopotutto? D’accordo, sarà un pò difficile sostenere che siano falsi, ma lascia che siano gli altri a dimostrare che sono veri, no? Perchè rinunciare al prezioso “velo di nebbia” dell’incertezza, che così tante volte è servito a sminuire l’impatto iniziale di notizie davvero devastanti?

In secondo luogo, il commento del Pentagono è stato più o meno “chi ha trafugato quei documenti ha compiuto un atto veramente grave, che mette a repentaglio la sicurezza dei nostri militari all’estero, e dovrebbe subito restituirli”. Sembra più il discorso di un padre che vuole fingere di essere severo, che non quello di un gruppo di generali veramente incazzati per quello che è successo.

Ci sono poi i dubbi sulla tempestività di queste rivelazioni, che arrivano a due settimane scarse dalle elezioni americane, e che quindi potrebbero essere utlilizzate dai democratici per scrollarsi di dosso almeno una parte delle colpe per aver protratto le guerre di Afghanistan e Iraq ben oltre il previsto. (I documenti trafugati riguardano quasi per intero violazioni dei diritti umani compiute sotto l’amministrazione Bush).

C’è poi la posizione traballante di Maliki, il premier iracheno uscente, che non riesce a mettere insieme una coalizione da quasi otto mesi, e che ha perso chiaramente il favore di Washington, dopo aver fatto capire di avere ottenuto l’appoggio dell’Iran. Stranamente, Maliki risulta coinvolto, secondo i documenti di Wikileaks, in molti dei casi di tortura praticati dalla polizia irachena contro i loro stessi cittadini, e vede quindi ridursi al lumicino le sue possibilità di restare al potere.

Sia chiaro, per far quadrare il cerchio della logica non è necessario che Assange sia per forza un “venduto”, che lavora per un certo gruppo di potere contro un altro, venendo in quel caso protetto dal primo. Lui può davvero essere un “puro” che agisce in modo indipendente, e che ha avuto il genio ed il coraggio di mettere in piedi una organizzazione che rischa realmente di far traballare certi equilibri internazionali, ma che a sua volta viene lasciato vivere proprio perchè torna utile a qualcuno, di volta in volta, contro qualcun altro.

In fondo, quale modo esiste, più efficace e subdolo insieme, di far conoscere al mondo certe “verità scottanti” tramite una organizzazione limpida e pulita come Wikileaks, ma non, ad esempio, certe altre? (Sul caso Calipari, ad esempio, Assange ha detto che la documentazione è "fortemente incompleta". Come mai? Da quando in qua i "leaks" di questo tipo diventano "selettivi"?)

In altre parole, poichè Wikileaks dipende esclusivamente dalla scelta altrui di trafugare o meno certi documenti, non si è resa automaticamente uno strumento, per quanto involontario, delle manipolazioni più contorte e più feroci che si possano immaginare?

Ma poi, scusate, se davvero cerchiamo tutti la verità, cosa ne facciamo del rapporto di Lancet del 2006, che già indicava una cifra di morti civili, in Iraq, di circa 650.000 unità? Quel documento non ha pensato nessuno di “trafugarlo” a Wikileaks?

Massimo Mazzucco.



Riflettetecci su questo.




 

Area 51 (2010)
Webmaster il 18/10/2010, alle 13:14 (UTC)
 Girano sul web, anche nei più importanti siti di cinema, come mymovies.it, delle piccole anticipazioni su un film ancora in produzione, di nome "Area 51"

Interpretato da:
Brenda Whitehead
Sandra Staggs
Ben Rovner
Wray Featherstone

Narra di tre ragazzi, Chris (appassionato di astronomia e alieni), Paul (uno scettico) e Rob (un seguace). C'è, poi, Natalie il cui padre afferma di esser stato rapito da alieni. I tre ragazzi partono per Las Vegas, ma si scoprirà che Chris ha programmato un incontro con un vecchio dipendente dell'Area 51 I tre cercano di entrare nella base con Natalie, e di filmare l'evidenza di un contatto alieno.

La data dell publicazione ancora sconoscituta, tantomeno quella della fine del doppiaggio per l'uscita (sempre che essa ci sia) in Italia.

(Fonte: mymovies.it )




 

Una anno fà a Oakland...
Webmaster il 15/10/2010, alle 20:38 (UTC)
 Dopo aver assistito alla nauseabonda cascata di parole inutili che ci hanno rovesciato addosso i politici e i giornalisti, riguardo al caso della ragazza picchiata nel metrò di Roma, proviamo ad analizzare un caso veramente serio - e purtroppo altrettanto attuale - avvenuto lo scorso anno ad Oakland, nelle vicinanze di San Francisco.

Erano le due del mattino del giorno di capodanno. Ad una stazione della metropolitana un giovane disarmato e immobilizzato, Oscar Grant, è stato ucciso con un colpo alla schiena da un poliziotto mentre era disteso a terra, a faccia in giù, sotto gli occhi di dozzine di testimoni inorriditi. Nonostante si sia trattato chiaramente di una “esecuzione” intenzionale - inutile dire che il poliziotto era bianco, e la vittima era un nero – l’assassino, John Mehserle, se l’è cavata con un verdetto di omicidio involontario. Ha sostenuto di “essersi sbagliato”, e di aver estratto la pistola al posto del taser, che intendeva usare per tranquillizzare l’irrequieto Grant. Naturalmente, per “taserizzare” il ragazzo aveva anche pensato bene di mettersi in piedi– come si evince chiaramente dal video – in modo da prendere meglio la mira.



Fra un mese si riunirà la giuria - composta esclusivamente di bianchi - che stabilirà una pena fra i due e 5 anni al massimo, dei quali probabilmente Mehserle sconterà circa la metà.

Questa è l’America. Questo è il grande paese di “libertà e democrazia“ di fronte al quale tutti i nostri politici - dall’estrema destra all’estrema sinistra - si genuflettono regolarmente, senza mai trovare la forza di esprimere un millesimo dello “sdegno”, …

… facile e gratuito, che ci hanno riversato addosso nei giorni scorsi dopo il caso della ragazza picchiata in metropolitana. Altrettanto ossequiosi sono i nostri giornalisti, sempre pronti a domandarsi “dove andremo a finire” quando sanno benissimo che la risposta non esiste (visto che il problema, come nel caso della metropolitana, lo hanno “inventato” loro), ma improvvisamente ciechi, sordi e muti di fronte ad episodi ben più gravi, seri e reali, come quello appunto di Oscar Grant.

Sia chiaro, l’episodio di Oakland non è “più grave” perchè il ragazzo è morto, mentre l’infermiera rumena si è salvata, ma perchè a) implica un abuso intollerabile da parte delle forze dell’ordine verso un cittadino indifeso, e b) conferma la sistematica complicità di un sistema giuridico, che da sempre protegge questo genere di azioni criminali da parte della polizia contro le minoranze del paese.

Si chiama razzismo.

Per chi ha poca memoria, basterà ricordare il nome di Amadou Diallo, un nero (disarmato) che fu ucciso in uno scantinato di New York da 4 poliziotti bianchi, una dozzina di anni fa. "Aveva estratto il portafoglio per mostrarci i documenti - dissero i 4 di fronte alla giuria - ma abbiamo creduto che fosse una pistola". E così gli hanno piantato 40 pallottole in corpo, giusto per non sbagliare. I 4 poliziotti, che seguivano le direttive del nuovo “sceriffo” di New York Rudy Giuliani, furono tutti assolti. Sempre sotto Giuliani ci fu il caso di Abner Louima, che fu sodomizzato in questura con un manganello da tre poliziotti, dei quali solo uno fu condannato ad una pena lieve, e con la condizionale. Oppure il caso di Patrick Dorismond, un nero che fu ucciso a sangue freddo ad un incrocio da due poliziotti bianchi, senza motivo apparente. Anche in quel caso, nessuno fu condannato.

Ecco perchè non sentirete mai un giornalista italiano domandarsi “dove andremo a finire” dopo episodi come questi, o come quello di Oscar Grant: perchè in quei casi la risposta esiste eccome, ed è una risposta che potrebbe non piacere a chi gli paga lo stipendio.
 

Larry King intervista Ahmadinejad
Webmaster il 23/09/2010, alle 14:24 (UTC)
 E’ appena andata in onda sulla CNN l’intervista di Mahmoud Ahmadinejad realizzata da Larry King, in occasione della visita annuale alle Nazioni Unite del presidente iraniano. Contrariamente a quanto avvenuto l’anno scorso, quando King aveva intervistato Ahmadinejad cercando di restare super partes, in questa occasione il conduttore della CNN ha scelto di indossare chiaramente i panni dell’americano, attaccando il presidente iraniano in modo diretto e univoco, su tutte le questioni più importanti attualmente in discusione. In questo modo ha permesso ad Ahmadinejd di ribattere colpo su colpo, finendo per non concedere a King nemmeno un punto in tutta la partita.

Quando King ha chiesto di trattare in modo compassionevole i “turisti” americani che erano sconfinati per sbaglio in Iran un anno fa, Ahmadinejad ha risposto che la sicurezza nazionale viene prima di ogni altra cosa, e che gli Stati Uniti non si sarebbero certo comportati in modo diverso dal loro, in un caso simile.

Quando King ha chiesto notizie su un agente dell’FBI scomparso tre anni fa in Iran, Ahmadinejad ha risposto con tagliente ironia che “dovrebbe essere l’FBI a fare più attenzione a dove vanno a finire i suoi uomini.”

Quando King ha detto che “il mondo è preoccupato per la possibilitò che l’Iran venga in possesso di armi atomiche”, ...

... Ahmadinejad gli ha chiesto “che cosa intende esattamente, per ‘il mondo’?” E poi ha aggiunto, con il solito sorriso sornione: “A me risulta che il mondo sia molto grande, e che ci siano moltissimi paesi che non solo non si preoccupano affatto di questa eventualità, ma che vedono addirittura con favore lo sviluppo pacifico dell’energia atomica in Iran”.

Costretto a ridurre la sua definizione di “mondo” a Stati Uniti ed Israele, King si è sentito rispondere “E perchè mai noi dovremmo farci carico di tranquillizzare questo signor Netaniahu? Chi è costui, per meritare così tanta attenzione da parte nostra?” E poi ha aggiunto: “Anzi, a quel che ne so io Netaniahu è un criminale professionista, che ha uccisio decine di migliaia di civili innocenti, e che andrebbe processato davanti ad un tribunale internazionale. Invece voi siete qui a chiederci di farlo dormire tranquillo di notte”.

E quando King ha provato ad insistere sulla faccenda del rischio atomico, si è sentito rispondere che “la bomba atomica è l’arma più orribile di questo mondo. Non solo l’Iran non ce l’ha e non intende costruirla, ma bisognerebbe piuttosto disarmare al più presto chi la possiede, ovvero gli Stati Uniti e Israele. Sono loro a mettere per primi a repentaglio la sicurezza mondiale, mentre accusano gli altri di farlo.”

King a quel punto si è salvato in angolo, chiamando la pubblicità.

Nel segmento successivo King ha deciso di attaccare Ahmadinejad sul fronte dei diritti umani, accusandolo di non permettere le libere proteste in Iran. Per tutta risposta Ahmadinejad gli ha ricordato che poco tempo fa, a Pittsburgh, la polizia ha selvaggiamente caricato i dimostranti che protestavano contro il G8. “E lei mi vorrebbe dire – ha chiesto Ahmadinejad alla fine - che in America invece c’è la libertà di protestare?”

“Ma noi non li mettiamo in prigione!” ha provato a replicare King. “Ah no? – lo ha deriso Ahmadinejad – mi vuole forse dire che gli oltre 2 milioni e mezzo di cittadini attualmente in prigione in America sono tutti assassini, criminali o spacciatori di droga?”

A quel punto King ha pensato bene di ripiegare su quello che riteneva il suo asso nella manica, ovvero la famosa donna iraniana condannata alla lapidazione, ma anche in questo caso gli è andata male. Ahmadinejad gli ha risposto serafico che “prima di tutto la condana definitiva non è ancora stata emessa. In secondo luogo, quella della lapidazione è una storia falsa, inventata di sana pianta da un giornalista tedesco, e ripresa subito da tutti i media occidentali.”

Che fosse vero o no, King non ha saputo replicare, e anche in questo caso ha invocato la pubblicità.

Il terzo round è stato dedicato da Larry King ai rapporti con gli USA e alle sanzioni internazionali. Alla frase di King “Hillary Clinton ha detto che l’Iran sta soffrendo pesantemente per le sanzioni internazionali”, Ahmadinejad non ha saputo trattenere una mezza risata, e ha risposto che loro sono talmente abituati alle sanzioni, che incombono sull’Iran da circa 30 anni, che ormai non ci fanno più caso. “Anzi – ha aggiunto Ahmadinejad – tutte queste sanzioni hanno finito per stimolare la nostra fantasia, portandoci a trovare soluzioni sempre più nuove e produttive per la nostra economia. Piuttosto – ha aggiunto, diventando improvvisamente serio – mi spiega perchè gli Stati Uniti si permettono di applicare all’Iran sanzioni molto più gravi di quelle autorizzate ufficialmente dalle Nazioni Unite? Tutto questo non è illegale forse?”

Pubblicità.

L’ultimo round non poteva che essere dedicato ad Israele, e King è partito all’attacco, dicendo ad Ahmadinejad che “Fidel Castro di recente l’ha criticata per non saper riconoscer il giusto ruolo dell’antisemitismo nel mondo”.

“Guardi – ha replicato Ahmadinejad serafico – proprio ieri ho ricevuto un messaggio da Fidel Castro, il quale mi diceva che di non aver mai pronunciato quella frase. Le sue dichiarazioni sono state completamente distorte, come al solito, dalla stampa occidentale”. Mentre King barcollava, Ahmadinejad ne ha approfittato per contrattaccare: “Piuttosto, mi dica lei, perchè gli Stati Uniti continuano a proteggere e ad aiutare in modo così plateale lo stato di Israele?"

Fingendo ovvietà, King ha risposto: “Perchè sei, sette milioni di loro sono stati uccisi durante l’olocausto, noi siamo un paese umanitario, e li vogliamo aiutare”.

“Ah sì? – ha replicato Ahmadinejad con sarcasmo – davvero quello è il motivo? Allora lei vuole dire che, poichè è appena stato ucciso un milione di iracheni, i sopravvissuti hanno diritto di venire ad esempio in America, e costruire qui la loro nazione?”

King non sapeva più dove aggrapparsi, ma Ahmadinejad non gli ha dato tregua, aggiungendo: “Durante la guerra, se è solo per quello, sono morti 80 milioni di persone. Questo vuol dire che dobbiamo dare una terra a tutti i sopravvissuti di tutte quelle nazioni?”

Insomma, non c’è stato modo per l’esperto giornalista di portare a casa un solo punto per la sua “nazione”. Anzi, talmente esperto è Larry King, e talmente brutta è stata la figura che ha fatto con Ahmadinejad, che viene quasi il dubbio che l’anziano “Mr. Bretella” abbia deciso di immolarsi volontariamente, pur di permettere ad Ahmadinejad di dire cose che nessun altro al mondo ha il coraggio di dire. Lui compreso, probabilmente.




 

Lettera di Massimo Mazzucco
Webmaster il 13/09/2010, alle 18:01 (UTC)
 Riporto qui la lettera scritta da Massimo Mazzucco a chi li/ci definiva e ci definisce malati mentali, complontisti e contorti:

"Questa lettera è indirizzata in particolare a Piero Angela, Gianni Riotta, Vittorio Zucconi, Guido Olimpio, e più in generale a tutti quei giornalisti che sostengono la versione ufficiale sull’11 settembre, e che etichettano sistematicamente chi non ci crede come “complottista”, “venditore di fumo”, o peggio ancora come “persona falsa e menzognera”.

Per quanto siate personaggi molto diversi fra voi, infatti, vi accomuna questo palese senso di fastidio, rispetto al cosiddetto “complottismo”, che emerge ogni volta che vi troviate ad affrontare questo scomodo argomento.

Ebbene, dovreste sapere che se il “complottismo” sull’11 settembre esiste, è prima di tutto colpa vostra.

Se infatti voi, essendo giornalisti, aveste posto le domande più ovvie che ciascuno nei vostri panni avrebbe dovuto porre, di fronte alla versione ufficiale che vi veniva raccontata, le cose sarebbero sicuramente andate in modo diverso.

Nei giorni dopo gli attentati avreste potuto domandarvi, ad esempio, ...


... “perchè non ci viene mostrato un solo video in cui si vedono i terroristi imbarcarsi sui voli dirottati?” Come tutti sanno gli aeroporti di Boston, Newark e Dulles – tre fra i maggiori aeroporti degli Stati Uniti - hanno centinaia di telecamere di sicurezza che riprendono ininterrottamente tutto quello che avviene al loro interno. Devono quindi esistere le immagini di tutti i 19 dirottatori che fanno il check-in, che procedono attraverso i controlli di sicurezza, e che finalmente si imbarcano sugli aerei da dirottare. Perchè non ce ne hanno mostrato nemmeno una?

Oppure avreste potuto domandarvi come è possibile che la sera del 10 settembre sia stato messo sulla scrivania di Bush un dettagliato piano per attaccare militarmente l’Afghanistan, da far firmare al presidente al suo rientro dalla Florida? Questo significa infatti che gli attentati della mattina seguente sarebbero stati solo una curiosa coincidenza, che ha offerto agli americani una splendida motivazione per mettere in atto un piano già pronto fin nel minimo dettaglio. Davvero la cosa non vi è parsa strana?

Oppure avreste potuto domandarvi come possano delle persone che non hanno mai pilotato un jet nella loro vita, saltare ai comandi di un Boeing da cento tonnellate e compiere acrobazie, come quelle descritte dai controllori radar l’11 di settembre, definite “praticamente impossibili” da piloti professionisti con 30 anni di carriera alle spalle. Da quando in qua è sufficiente esercitarsi su un piccolo monomotore da turismo, per passare direttamente ai comandi di un Boeing di quelle dimensioni, e fargli fare virate, picchiate e voli radenti ai limiti delle loro prestazioni?

Oppure ancora, avreste potuto domandarvi dove sia finito il Boeing caduto in Pennsylvania, del quale non ci fu mostrato un solo motore, un solo troncone di fusoliera, un pezzo di ala, un carrello, o un timone di coda. Avete mai visto un incidente aereo nel quale non compaia un solo rottame del velivolo, nel punto in cui è caduto?

Queste sono tutte domande perfettamente legittime e razionali, che non richiedono certo la “mente contorta” di un “disadattato sociale” – come ama definirci Piero Angela - per essere formulate. Anzi, richiedono soltanto un minimo di buon senso, da parte di chiunque.

Eppure voi non le avete mai poste.

Voi avete accettato la versione ufficiale a scatola chiusa, senza mai sollevare il minimo dubbio su quanto vi veniva raccontato, nonostante certe incongruenze palesi e ingiustificabili.

Ecco perchè è nato il “complottismo” sull’11 settembre. E' nato perchè voi le domande più ovvie e naturali non le avete mai poste, e quindi abbiamo dovuto farlo noi.

E la tragedia - sia detto per inciso – è che a tutt’oggi quelle domande non abbiano ancora avuto una risposta.

Smettetela quindi di appiccicare etichette gratuite a chi si è assunto responsabilità che spettavano a voi in primo luogo, e fatevi piuttosto un profondo esame di coscienza, sul vero motivo che vi abbia portato a chiudere ambedue gli occhi su un episodio così grave ed importante della nostra storia più recente.

Affinchè il Male trionfi – scrisse qualcuno – è sufficiente che gli uomini di buona volontà non facciano nulla.

Massimo Mazzucco
luogocomune.net"




 

Comunicato stampa
Webmaster il 10/09/2010, alle 16:07 (UTC)
 "Questa è la versione sottotitolata in italiano del video-comunicato stampa che abbiamo mandato ieri a tutte le stazioni TV americane, annunciando la formazione di 3 nuovi gruppi di professionisti che si sono aggiunti a quelli già esistenti, nell’ambito del 9/11 Truth Movement.




Questo naturalmente non significa che qualcuno ne parlerà per forza, …

… ma noi almeno abbiamo fatto tutto il possibile per informare i media di cosa stia veramente diventando il Movimento per la verità sul 9/11.

Non è certo qualcosa destinato a dissolversi nel nulla nell’arco di pochi mesi, e coloro che si illudono che ciò accada, nell’ambito dei media, non fanno che aumentare il proprio carico di responsabilità per aver taciuto e ignorato questo genere di informazione per un tempo sempre più lungo.

Quello che fino al secolo scorso si poteva coprire impunemente, controllando giornali e TV, oggi con Internet non può più essere controllato. Può essere taciuto e ignorato, come dicevamo, ma non può più essere cancellato dalle pagine della storia. Resterà sempre lì, ad attendere paziente il confronto con ciascuno di noi.

Massimo Mazzucco"

Fonte: luogocomune.net




 

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